Di ritorno dal vertice NATO di Vilnius, la sensazione principale è di aver vissuto un avvenimento di importanza storica, uno di quei momenti che possono segnare il futuro di miliardi di persone.

La gravità raggiunta dalla crisi iniziata con l’aggressione russa all’Ucraina è da tempo sotto i nostri occhi: conflitti e instabilità aumentano si moltiplicano, la vita quotidiana di interi popoli è colpita dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, cresce la diffidenza tra popoli e culture.

Di fronte a questo scenario, ho visto a Vilnius una determinazione che non avevo mai riscontrato nei miei dieci anni di frequentazione dell’ambiente della NATO. Come se l’ingigantirsi di un colossale confronto tra democrazie e autocrazie avesse finalmente svegliato nelle dormienti democrazie occidentali la consapevolezza che “freedom is not free”, la libertà non è gratis. Occorre conquistarla ogni giorno, talora anche con il sacrificio estremo della vita, certamente con qualche fatica quotidiana, anche di tipo economico, che può toccare l’esistenza di ciascuno.

In questo risveglio di coscienza, ancora limitato ma reale, ha giocato un ruolo fondamentale proprio Vladimir Putin, con una serie incredibile di errori di valutazione. Che il Presidente russo fosse un abilissimo tattico, lo si sapeva: aveva tenuto per anni sotto scacco il mondo con mosse a sorpresa e comprandosi gli opinionisti di mezzo Occidente. Che avesse dei limiti di visione strategica era altrettanto chiaro, essendosi sempre più rinchiuso dentro il proprio sogno neo-imperiale, impossibile in un mondo ormai globale.

Non ho potuto fare a meno di pensare alla colossale serie di errori compiuti da Putin con la scellerata invasione dell’Ucraina. Ne ho ricostruito una specie di decalogo alla rovescia, dieci suoi obiettivi rivelatisi per lui altrettanti boomerang.

  1. Riportare rapidamente l’Ucraina nella sfera di influenza russa

Confidava in una guerra lampo e in una desistenza di larga parte del popolo dell’Ucraina orientale

Ha incontrato una resistenza inattesa ed eroica, ha rafforzato il sentimento euro-atlantico già molto forte in Ucraina, spingendola nelle braccia dell’Unione Europea e della NATO.

  1. Dividere il nemico storico, la NATO, al proprio interno

Contava sulle divergenze di visione su molte questioni all’interno dell’Alleanza Atlantica, sul consenso in calo nei Paesi di vecchia adesione e su rivalità tra membri, in primis Turchia e Grecia.

L’unanimità di intenti e decisioni del vertice di Vilnius ha pochi precedenti nella storia della NATO, che appare oggi aver ritrovato l’unità delle proprie origini.

  1. Indebolire la NATO verso l’esterno

Sperava di capitalizzare le diverse visioni del rapporto con la Russia presenti nell’Alleanza.

Ha spinto Finlandia e Svezia ad abbandonare la propria neutralità e ad entrare nella NATO, aumentando di 1200 km i confini diretti tra la NATO stessa e il proprio Paese.

  1. Dividere l’Unione Europea al proprio interno

Pensava di spaccare tra loro i Paesi fortemente dipendenti dalle forniture di gas russo, in primis Germania e Italia, rispetto a quelli energeticamente più autonomi.

L’Unione Europea ha imposto un tetto all’acquisto del gas russo, i Paesi UE hanno sospeso il pagamento in rubli e ridotto la propria dipendenza energetica da Mosca in tempi brevissimi. L’Unione Europea, considerata incapace di decisioni importanti, le ha invece prese, facendo un passo in avanti deciso sulla via dell’unione politica.

  1. Delegittimare l’Unione Europea agli occhi dei suoi cittadini

Sperava che la vasta rete filorussa presente in molti Paesi dell’UE e le difficoltà economiche imposte dai costi del gas e della guerra riuscissero a indebolire ulteriormente il consenso dei cittadini europei.

L’ondata di sdegno popolare causata dagli orrori perpetrati dalle forze armate russe ha risvegliato il senso di solidarietà nei confronti dell’Ucraina e svelato la realtà del regime di Mosca, innescando una inaspettata corsa alla solidarietà. La reazione unitaria delle istituzioni europee è stata condivisa dalla maggioranza delle popolazioni, e non solo nei Paesi più esposti ad est.

  1. Approfittare della riduzione degli investimenti occidentali sulla difesa

Sapeva bene quanto l’opinione pubblica occidentale sia contraria agli investimenti per la difesa e contava di sfruttare e stabilizzare proprio strapotere militare, anche utilizzando la minaccia dell’impiego delle armi nucleari.

E’ riuscito nel miracolo di cui non erano stati capaci neppure Obama e Trump, cioè far aumentare agli Alleati le spese per la difesa arrivando a quel 2% del PIL già concordato dal 2014 e che restava ben lontano da raggiungere. Molti Paesi, a partire dalla Germania, hanno cominciato ad andare in quella direzione, e ora il 2% potrebbe non essere più l’obiettivo finale, ma la base di partenza per ulteriori aumenti, giustificati anche dalla crescita delle minacce ibride e dal continuo cambiamento delle caratteristiche della sicurezza.

  1. Rafforzare il rapporto con la Turchia in chiave anti-NATO e anti-Occidente

Contava su una sponda da parte dell’ondivaga Turchia.

Si è visto imporre da Erdogan, fresco di rielezione, il divieto – ai sensi degli accordi di Montreux – di mandare altre navi attraverso il Bosforo per rafforzare la flotta russa nel Mar Nero. Ha dovuto accettare la riapertura dei porti ucraini per permettere l’esportazione dei cereali. La Turchia si è formalmente opposta all’annessione alla Russia delle province dell’est dell’Ucraina. Ora Ankara torna a parlare di adesione alla UE.

  1. Esportare disinformazione e instabilità

Contava di isolare l’Ucraina distruggendone i canali di comunicazione. Voleva aumentare la propria influenza nei punti deboli dell’Europa, in particolare i Balcani Occidentali e in Africa, attraverso la Wagner.

Grandi società private, soprattutto americane (come Starlink), hanno permesso all’Ucraina di continuare a restare connessa con il mondo via satellite e a raccontare la guerra. Nei Balcani le tensioni tra Serbia e Kosovo paiono sotto controllo, la Wagner si è ribellata a Mosca.

  1. Rafforzare il rapporto con la Cina

Obiettivo che la Cina per ora continua a sostenere, almeno a parole, ma più per tattica che per reale utilità.

Al di là dell’acquisto di gas e petrolio russi a prezzi scontatissimi, la Cina ha visto compromesso il proprio ambizioso progetto Belt and Road, la nuova via della seta, e messa a serio rischio la propria reputazione internazionale. Al vertice di Vilnius hanno partecipato Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda: un chiaro segnale a Xi-Jinping in ottica Taiwan.

  1. Preparare la strada a un nuovo ordine mondiale

Pensava che la guerra in Ucraina desse il via a un nuovo ordine, nel quale le autocrazie assumessero il controllo, emarginando le democrazie.

Ha rafforzato, come si diceva all’inizio, la consapevolezza dei valori democratici in Occidente e, come si è visto, anche nelle democrazie della regione Indo-Pacifica, a partire da quelle presenti a Vilnius. Con l’India che sta a guardare.

Non so se questa incredibile serie di errori di valutazione costerà la carriera politica a Putin. Quel che è certo è che oggi lo Zar è sempre più debole, nel mondo e dentro al proprio Paese.

Il rischio è che l’animale ferito si ribelli con decisioni estreme: ma l’amico Xi Jinping gli ha già detto chiaramente di non sognarsi nemmeno di minacciare l’uso delle armi nucleari.

La strada per lui è sempre più stretta e, come dice il proverbio, chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

Paolo Alli