Il dibattito politico ci ha abituati a parlare di destra e sinistra, ma non di soluzioni condivise e di progetti di lungo respiro per il Paese.

La proposta politica di Alternativa Popolare nasce dalla necessità di superare questo stallo, dando luce e forza a una proposta centrale e centrata sui grandi valori delle tradizioni cristiano democratiche, liberali e riformiste.

Della necessità di affermare questa identità ci parla oggi il nostro presidente Paolo Alli, nel lungo editoriale pubblicato su TAG24.it.

“Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti, e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale”.
Nel riflettere sull’eredità politica di Silvio Berlusconi mi sono tornate alla mente queste parole profetiche di Alcide De Gasperi, il cui pensiero non smette di stupirmi per la sua straordinaria attualità. De Gasperi ci dice che la destra e la sinistra non esistono in politica, se non come formule che tentano di sintetizzare valori di riferimento ideali difficilmente riducibili entro schemi predefiniti. La vera Politica, invece, deve preoccuparsi di andare avanti, cercando più i punti di unione che quelli di divisione.

Si è detto che il principale lascito di Berlusconi è il bipolarismo. In realtà, egli ebbe l’intuizione di rendere strutturale un bipolarismo che era già nei fatti e che era stato rappresentato per più di quarant’anni dalle posizioni della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista. Lo fece cercando di raccogliere – attualizzandole – le eredità democristiana, liberale e socialista, che tentò di sintetizzare nell’esperienza di Forza Italia, riuscendo sostanzialmente nell’impresa all’inizio, ma non sapendole dare una persistenza nel tempo. Si trattò di una funzione con un sicuro merito storico, visto che l’Italia doveva riemergere dagli abissi di tangentopoli, ma della quale oggi constatiamo il definitivo esaurimento.

E’ dunque finito il bipolarismo? Certamente no, in fondo neppure De Gasperi, con le sue parole, intendeva ignorare le profonde differenze di concezione della vita e della società presenti nella storia italiana già dal secondo dopoguerra. Lo statista trentino, invece, intendeva sottolineare che la politica non si può ridurre a formule, deve invece confrontarsi sui grandi temi proprio a partire dalle differenze.
Cito solo alcuni esempi.

  • Avere come riferimento un modello economico di stampo collettivista o una economia sociale di mercato?
  • Continuare ad alimentare la contrapposizione sterile e mal posta tra autonomia e centralismo o lavorare ad un modello di Stato autenticamente sussidiario?
  • Considerare l’iniziativa privata nella sanità o nei servizi di interesse pubblico come antitetica rispetto a quella dello Stato oppure cercare un modello di collaborazione basato su regole chiare, riconoscendo la natura pubblica dei servizi offerti da realtà non statali accreditate?
  • Pensare che lo Stato debba essere l’unico a provvedere all’educazione e alla formazione dei giovani oppure riconoscere il diritto alla libertà di scelta delle famiglie e dei cittadini, dando pari dignità all’offerta formativa dello Stato e a quella non statale?
  • Superare, dunque, non uno schema bipolare che è nella realtà, ma una sterile contrapposizione di formule come la destra e la sinistra, andando avanti verso la giustizia sociale, un compito che non è di ieri, ma di oggi e di sempre.

A questo punto, però, si impone un’altra riflessione: se in politica non esistono la destra e la sinistra, conseguentemente non può esistere il centro.
Oggi in molti si affannano a dichiararsi centristi, ma l’impressione è che questa sorta di “equidistanza”, più che rappresentare un solido radicamento ideale, costituisca un tentativo strumentale per cogliere un po’ qua e un po’ là i numerosi consensi in libera uscita rispetto all’offerta politica dei partiti esistenti.

In realtà, nessuno di questi centristi si pone il problema di essere centrale nella costruzione di una proposta politica chiara. Una proposta che deve nascere da un confronto serio tra il popolarismo di ispirazione cristiano democratica, liberale e riformista e una visione socialista che abbia il coraggio di abbandonare l’approccio ideologico. Solo questo tipo di confronto potrà ridurre la polarizzazione estrema dello scenario politico che tende a sostituirsi, e non solo in Italia, a un sano confronto di tipo bipolare. Una polarizzazione ben rappresentata oggi nel nostro Paese dalle due leader di “destra” e “sinistra”, Giorgia Meloni e Elly Schlein.

Dunque, non un centrismo che non esiste, al pari di destra e sinistra, ma la centralità nella costruzione del futuro delle nostre società con una visione di lungo periodo perché, come lo stesso De Gasperi sottolineava sempre riprendendo un pensiero dell’americano James Freeman Clarke, “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”.

Essere centrali e centrati sui valori delle grandi tradizioni cristiano democratiche, liberali e riformiste: a questo siamo chiamati già dalle prossime elezioni europee, perché si verifichi una netta affermazione del Partito Popolare Europeo che lo metta in condizione di dialogare, senza dover subire ricatti, con chi è più vicino ai suoi valori, in modo che il governo dell’Unione non debba nuovamente essere schiavo, come è stato per troppo tempo, di compromessi al ribasso.

Questa prospettiva si rafforzerebbe se Forza Italia si ponesse l’obiettivo di unificare gli sforzi di tutte le forze politiche che si ispirano esplicitamente ai valori di cui è alfiere il PPE, a partire da Alternativa Popolare, che ne è da sempre membro attivo e convinto. E forse anche della Lega, se Matteo Salvini dovesse finalmente capire qual è la sua vera casa in Europa.