Non vi è dubbio che il Congresso del 29 e 30 aprile a Valencia sia destinato a essere il più rilevante della storia recente del Partito Popolare Europeo.

Al di là dell’importanza legata alla elezione dei vertici politici e alla elaborazione delle posizioni programmatiche, che caratterizzano i congressi, l’evento si colloca in un momento storico denso di cambiamenti drammatici.

Le tre “sveglie” all’Europa degli ultimi cinque anni (pandemia, aggressione russa all’Ucraina e seconda amministrazione Trump) mettono in capo alla forza leader del Parlamento europeo la responsabilità di guidare l’Unione verso una vera e compiuta integrazione politica. Un compito che solo il partito erede di De Gasperi, Adenauer e Schumann può e deve svolgere, con coraggio e determinazione.

Il PPE, uscito rafforzato dalle ultime elezioni europee, si pone con sempre maggiore autorevolezza come guida delle istituzioni comunitarie, ha la presidenza di Commissione e Parlamento con Ursula von Der Leyen e Roberta Metsola, 14 commissari, un leader tenace e capace di mediazione come Manfred Weber. Ne fanno parte 84 partiti politici di 27 paesi membri dell’Unione e 17 partner, può contare su 15 Capi di Stato e governo (saranno 16 in maggio con Merz in Germania).

Già negli ultimi anni la leadership del PPE ha dimostrato di saper guidare l’Europa attraverso momenti drammatici come la pandemia e la guerra in Ucraina, con scelte politiche importanti e innovative, a partire dal debito comune del Next Generation Fund e dalla forte e chiara solidarietà verso l’Ucraina.

Oggi si profilano sfide nuove e sempre più drammatiche. La Presidenza Trump sembra mettere in discussione la solidità del rapporto transatlantico; l’ordine mondiale sta cambiando nel contesto di un nuovo bipolarismo tra democrazie e autocrazie, separate peraltro da confini sempre più labili; conflitti multi-dominio, guerre commerciali a colpi di dazi e divisioni tra popoli imperversano e sono sempre più determinate dall’incrocio tra ruolo dei governi e interessi di privati.

In questo contesto, in evoluzione continua, l’Europa sembra schiacciata tra i potenti che la accerchiano da est e da ovest.

In realtà l’Europa, attaccata da molti anche all’interno del nostro continente, fa molto più paura di quanto si possa immaginare, per la propria forza economica, per la propria tradizione storica e culturale, per un modello di vita e di economia che è ancora in perfetto equilibrio tra il liberismo individualista americano e il collettivismo post marxista di Cina e Russia. In Europa si respira l’economia sociale di mercato, ricetta base del popolarismo europeo, che Alcide De Gasperi condensava in una formula tanto sintetica quanto pienamente esaustiva:
La nuova economia si muove tra due poli: la libertà, diritto dell’uomo, e la giustizia sociale, missione dello Stato”.
Un modello, dunque, basato su un liberalismo che non dimentica nessuno e si prende cura anche degli ultimi.

L’Europa e le sue istituzioni comunitarie sono chiamate a una responsabilità sempre maggiore e a una visione geopolitica ampia. Le recenti aperture di orizzonte verso una realtà destinata a giocare un ruolo fondamentale nei prossimi anni come l’India, dimostrano che non manca chiarezza di idee.

Ma, si sa, criticare è molto più facile che costruire, e il PPE non può cedere a tentazioni populiste, perché tra popolarismo e populismo vi è una differenza abissale: il primo si pone l’obiettivo di guidare il popolo, il secondo si fa guidare dal sentimento predominante nel popolo per guadagnarne il facile consenso.

Anche la recente scomparsa di Papa Francesco contribuisce ad aumentare il fardello di responsabilità che grava sulle spalle del PPE, che nella dottrina sociale cristiana ha la propria base valoriale di riferimento.

Rafforzamento del legame transatlantico, difesa europea sinergica con la NATO, apertura a nuovi soggetti economici e geopolitici, come l’India, difesa del diritto internazionale, sostegno alla legittime difesa del popolo ucraino e soluzione “due popoli, due Stati” tra Israele e Palestina, sono le battaglie alle quali non ci possiamo sottrarre, pena la distruzione dell’Europa, vero obiettivo di tutti i grandi regimi autocratici.

Anche la battaglia delle battaglie, la sicurezza internazionale, non può registrare cedimenti a facili pacifismi che nascondono molto spesso la volontà di mettersi a posto la coscienza sulla pelle di chi combatte per la propria e per la nostra libertà, come in Ucraina, o per la convivenza tra popoli come nella guerra tra Israele e Hamas.
La difesa comune europea era la priorità di De Gasperi settant’anni fa, è la priorità di oggi per tutti noi. Chi oggi dice che L’Europa non può fare la difesa comune perché non ha un’unione politica vuole distruggere l’Europa per compiacere al potente di turno, sia egli a stelle e strisce o con la stella, rossa o gialla, del neo-capitalismo post-comunista.

Per tutte queste ragioni il Congresso di Valencia è di importanza cruciale non soltanto per il destino del partito popolare europeo, ma per l’intero disegno di un’Europa unita.

Alternativa Popolare, partito da sempre membro del PPE, sarà presente al Congresso con una propria delegazione di 9 membri e svolgerà il proprio compito fino in fondo, consapevole di avere un compito da svolgere, nel nostro Paese e nel nostro continente.

Paolo Alli
Presidente di Alternativa Popolare